Qualche decennio fa, in assenza dei telefoni cellulari dotati di fotocamera, era difficile resistere alla tentazione di farsi un selfie valendosi di uno dei pochi mezzi a disposizione economico e rapido: le cabine fototessera.
Foto spontanee
Con poche centinaia di lire si ottenevano foto spontanee e senza filtri. L’uso più divertente era quello assieme agli amici: ammucchiati in poco spazio su un unico sgabello dietro la tendina, boccacce, smorfie e baci si sprecavano.
Il Photomaton
Le cabine fototessera automatiche, note anche come Photomaton, arrivarono ufficialmente nelle grandi città alla fine del 1920.
L’esordio parigino
I primi esemplari di cabine fototessera furono presentati all’Esposizione universale di Parigi nel 1890.
La versione americana
Su brevetto di Anatol Marco Josepho (1894-1980), le cabine fototessera debuttarono a Broadway (NY) nel 1926.
Otto foto in otto minuti
Il Photomaton americano, con venticinque centesimi, era in grado di fornire una striscia di otto foto in bianco e nero in otto minuti.
Andy Warhol
Fra i tanti artisti attratti dal Photomaton vi fu anche Andy Warhol (1928-1987), che utilizzò le fototessere da pubblicare sulle riviste, come nel caso del ritratto di Ethel Scull (1921-2001), moglie di un magnate.
Cento scatti
Andy Warhol portò la donna a Time Square e la fece posare in una cabina fototessera per ben cento scatti. Ne scelse quindi 36, in seguito fotoserigrafati su tele dipinte e colorati con toni accessi.
E in Italia?
In Italia i primi modelli di cabine fototessera furono installati nel 1962 dall’azienda Dedem di Ariccia, fondata da Dan David (1929-2011) e Pierre e Philippe Vahl.
L’esordio romano
Come location fu scelta la Galleria Colonna (oggi Galleria Alberto Sordi), al centro di Roma. Da annotare il fatto che, all’epoca, le cabine fototessera non facevano foto separate, ma una striscia in bianco e nero.
Successo immediato
La novità ebbe subito successo, tanto che di fronte alle prime cabine fototessera si formarono file di decine di metri per utilizzarle.
Franco Vaccari
Nel 1972 Franco Vaccari (1936) alla Biennale di Venezia presentò Esposizione in tempo reale, una cabina fototessera dove il visitatore diveniva artista. L’opera conclusiva comprese più di 40.000 strisce, cioè 160.000 pose.
La svolta
La svolta vera e propria avvenne nei primi anni ’80, quando l’uso delle fototessere venne autorizzato per i documenti.
L’era digitale
Dal 1995 le cabine fototessera sono divenute digitali con l’introduzione di stampanti a trasferimento termico. I tempi sono più brevi e in venti secondi le foto a colori vengono stampate nei formati scelti dall’utente.
App-però
Ora grazie a un’app è possibile scaricare le foto sul proprio cellulare.
Podcast
Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (E.M per 70-80.it)