Nei periodi di festa o per i compleanni quando nei limiti del possibile si cerca di regalare qualcosa di utile o almeno originale ai propri figli e parenti più piccoli, cosa c’è di meglio di un bel kit atomico?
Giocattolo atomico
No, non stiamo scherzando: nei primi anni ’50, a poca distanza dalla fine della guerra e soprattutto dalle drammatiche fasi che videro protagoniste le bombe di Hiroshima e Nagasaki, il kit atomico per bimbi divenne (pericolosa) realtà.
Alfred Carlton Gilbert
L’idea, che non sappiamo bene come definire, del kit atomico, venne a Alfred Carlton Gilbert (1884-1961), inventore, atleta, mago. E, in questo caso, anche produttore di giocattoli.
Un solido adulto americano
Gilbert affermava che i giocattoli fossero alla base della formazione di un “solido adulto americano” e molti dei suoi furono pensati per avere un ruolo educativo.
Laboratori in miniatura
E quella era l’epoca che vedeva in circolazione decine di scatole di laboratorio per reazioni chimiche.
Il Piccolo chimico
Come il famoso Piccolo chimico, ancora in commercio anche in Italia.
L’Atomic Energy Lab
Approfittando della situazione favorevole, Alfred Carlton Gilbert non ebbe problemi a proporre, nel 1950, il suo particolarissimo (ed inquietante) kit atomico, chiamato Atomic Energy Lab.
Il nucleare
Un vero e proprio laboratorio nucleare in miniatura.
Piccoli scienziati crescono (se sopravvivono)
Lo scopo del kit, che oggi farebbe rabbrividire, era, infatti, consentire ai bambini – trasformati in piccoli scienziati sulle orme di Enrico Fermi (1901-1954) – di creare e guardare reazioni nucleari e chimiche usando del materiale radioattivo.
In una valigetta rossa
In un’elegante valigetta rossa, fra apparecchiature, sostanze varie e l’immagine di un giovane intento a sperimentare, il kit atomico offriva ben tre libretti.
Brividi
Inquietanti, con gli occhi di oggi.
Libri e fumetti
Il primo era un libro d’istruzioni, mentre il secondo una storia a fumetti intitolata How Dagwood Splits the Atom. Protagonista dell’avventura era il personaggio di Dagwood, poco conosciuto in Italia e nato dalla matita di Chic Young (1901-1973).
Come creare una reazione a catena…
Nella storia, Dagwood assieme alla moglie Blondie, Mandrake e Popeye (Braccio di ferro), spiegava la struttura dell’atomo e come creare una reazione atomica.
… e trattare l’uranio
Il terzo libro, invece, introduceva all’uso dell’uranio. Il kit atomico, infatti, oltre a campioni di piombo, rutenio, zinco e polonio, offriva anche dei piccoli contenitori con la polvere del metallo tossico e radioattivo.
Le apparecchiature
Il pacchetto atomico conteneva uno spintariscopio, rivelatore oculare a scintillazione che montava una lente a solfuro di zinco.
Fluorescenza
Con una piccola quantità di uranio e radio, la lente si trasformava in uno schermo fluorescente a causa del decadimento degli elementi radioattivi.
La camera a nebbia
Tra un contatore Geiger-Müller a batteria per misurare la radioattività e l’elettroscopio che permette di vedere quanta radiazione emana la fonte che stai usando, la parte della leonessa la faceva la camera a nebbia Wilson.
Velocissime particelle alfa
L’apparecchio che andava montato e dotato di una sfera trasparente permetteva di guardare le tracce lasciate dalle velocissime particelle alfa.
5.000 mini bombe
L’Atomic Energy Lab ebbe breve vita: uscì infatti di scena nel 1951, dopo che ne furono prodotte meno di cinquemila unità.
Sponsorizzato dal governo
Negli USA fu parecchio sponsorizzato dal Governo, per far capire alla gente i benefici dell’uso dell’energia nucleare e per invogliare i ragazzi a darsi agli studi di ingegneria e scienze.
Scarso successo
Il mini laboratorio fu tolto dal mercato non tanto per la pericolosità, che all’epoca venne a malapena avvertita, quanto per il costo: 50 dollari. Proibitivo per la maggior parte delle famiglie americane.
Radioattività
In realtà, la radioattività emessa dalle sostanze contenute nel kit atomico era davvero modesta. Lo stesso creatore Alfred Carlton Gilbert garantì la sicurezza della sua invenzione.
Il gioco più pericoloso di sempre
Particolare che non impedì venisse definito anni dopo: “The World’s Most Dangerous Toy”.
Solo raggi UV
Pochi anni fa, una rivista scientifica dichiarò che l’esposizione alle radiazioni che dava questo gioco non era altro che l’equivalente di una dose giornaliera di raggi UV, nel caso il materiale radioattivo non fosse mai estratto dal proprio contenitore.
Podcast
Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (E.M. per 70-80.it)