Pur appartenendo alla stessa famiglia (quella degli scooter), la Lambretta della Innocenti era molto diversa dalla Vespa della Piaggio. Mentre la seconda era essenzialmente costruita con un telaio monopezzo, la prima, provenendo da un costruttore di tubi, aveva una struttura tubolare più rigida. Intorno alla quale era allestita la carrozzeria. La quale, inizialmente scoperta, ne era il tratto distintivo.
Innocenti capiva bene un tubo
La Innocenti, fondata nel 1922 per produrre tubi d’acciaio senza giunti a Roma, era stata trasferita dal fondatore Ferdinando Innocenti (1891-1966) a Milano nel 1931.
La grande fabbrica
Lì, due anni dopo, a Lambrate l’industriale aveva costruito la più grande fabbrica del suo settore.
Il bombardamento degli Innocenti
Tuttavia, i bombardamenti su Milano sul finire della II^ guerra avevano distrutto gli stabilimenti Innocenti. Il fondatore della fabbrica, dalla tragedia, aveva colto però l’ispirazione per una fortunata ricostruzione.
Motorscooter
La Innocenti avrebbe prodotto quei motorscooter che i militari americani, giunti in Italia durante la guerra, avevano fatto conoscere.
Italia da rimettere in piedi
D’altra parte, l’Italia era tutta da rimettere in piedi e gli operai dovevano muoversi per andare al lavoro.
L’idea di uno scooter italiano
E lo scooter era un compromesso tra le loro tasche vuote ed il lavoro emergente da raggiungere. Innocenti incaricò di elaborare il progetto due ingegneri aeronautici: Pier Luigi Torre (1902-1989) e Cesare Pallavicino (1893-1976).
Oppi
Nel 1947 vide pertanto la luce lo scooter Lambretta (da un’idea dell’artista Daniele Oppi, 1932-2006 ovviamente ispirata dal luogo di produzione milanese). E fu subito un successo enorme.
Il successo mondiale
La Innocenti distribuì il suo scooter oltre che in Italia, anche in Germania, Gran Bretagna, India e Spagna. E, soprattutto, nell’America Latina: in Argentina, Brasile e Cile, negli anni ’50, la motoretta italiana era ovunque.
Lambro
Anche perché, come aveva fatto la Piaggio, dalla Lambretta era derivata una serie di motocarri, col nome Lambro.
Uno (scooter) dei Mod’s
A piacere dei mezzi a due ruote italiani era per i giovani soprattutto la loro facile personalizzazione (specchietti supplementari, luci, colori, ecc.). Customizzazione eletta a simbolo, tra gli altri, dal movimento inglese dei Mod’s dei primi anni ’60.
Emblema del ’68
Che fece (anche dopo la fine dello stesso movimento) degli scooter tricolori uno degli emblemi della rivoluzione culturale giovanile del ’68.
La morte del fondatore…
Tuttavia, dopo la morte del fondatore nel 1966, le cose cominciarono a non girare più per il verso giusto e la Innocenti sul finire del decennio si trovò in gravi difficoltà finanziarie.
… e l’erosione della Piaggio
E ciò anche per l’erosione progressiva del mercato da parte della Piaggio ed un mancato aggiornamento tecnologico e di stile.
… e l’inizio della fine
Default di cui approfittarono alcuni concorrenti, come la British Motor Corporation, che cooptò l’Innocenti per l’area automobilistica.
L’intervento del governo indiano
La divisione motocicli fu acquistata invece dal governo indiano (in India la Lambretta era diffusissima).
La catena indiana
Che rilevò la catena di montaggio della motocicletta con lo stesso obiettivo per cui Ferdinando Innocenti l’aveva costruita nel dopoguerra: dare ad un’economia povera, ma emergente, delle opportunità.
Delocalizzazione
Così, nel 1972 la Lambretta cessò la produzione in Italia delocalizzandosi in India, dove proseguì fino al 1997.
La Lambretta oggi
La Lambretta è entrata nel culto dei collezionisti.
Oltre a due musei (a Rodano, in provincia di Milano e a Sellia Marina, in provincia di Catanzaro), il mito vive attraverso migliaia di Lambretta Club diffusi in tutto il mondo, che costituiscono un crocevia di scambi di ricambi originali.
L’idea sopravvissuta al fondatore
Per mantenere viva quell’idea di uno scooter del Belpaese voluto fermamente da Ferdinando Innocenti.
Podcast
Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (M.L. per 70-80.it)