I misteri degli anni 70 e 80. Il delitto di Santa Gertrude, la scena del crimine artefatta e prove incongruenti scagionano il presunto colpevole

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Il delitto irrisolto di Santa Gertrude avvenne nella notte tra il 6 e il 7 novembre 1973. Noto anche come caso Platzgummer o Steinkasserer, prese il nome dalla frazione situata presso il comune di Ultimo, in provincia di Bolzano.

La vittima…

La vittima era Maria-Luise Pfliri, vedova Platzgummer (1909-1973), perpetua pro tempore della piccola chiesa parrocchiale di Santa Gertrude, nella cui canonica avvenne l’efferato omicidio.

 

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… e il presunto assassino

La scoperta del cadavere portò presto all’incriminazione del parroco di Santa Gertrude, Josef Steinkasserer (1939-2010).

Quei rumori nella notte

Agli inquirenti e giornalisti, don Steinkasserer raccontò d’essersi svegliato durante la notte a causa dei rumori vicino alla sua stanza.

Due uomini incappucciati

Il parroco sostenne che due uomini di corporatura robusta, vestiti di nero e incappucciati, si erano introdotti nella canonica rompendo una finestra del pianterreno (il cui vetro fu trovato in frantumi).

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Aggredito e malmenato

Accortisi della sua presenza, i malfattori gli avrebbero puntato contro una pistola per poi aggredirlo e malmenarlo.

La brocca d’acqua

Il prete sostenne di essersi divincolato e di aver lanciato contro gli aggressori una brocca d’acqua, riuscendo infine a metterli in fuga.

La perpetua uccisa

Spostatosi nella camera della perpetua, disse di averla trovata già morta e di aver  subìto uno shock tale da fargli attendere una ventina di minuti prima di cercare aiuto.

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Allarme in ritardo

Questo avrebbe – a sua detta – spiegato il ritardo intercorso tra l’ora del delitto e la chiamata alle forze dell’ordine.

Deposizione dubbia

Le indagini, condotte dal pubblico ministero Domenico Cerqua (1947-2013) e dal capitano dei Carabinieri Arno Mandolesi, in un secondo momento sostituito dal colonnello Demetrio Cogliandro (1947), misero presto in dubbio la veridicità del racconto fornito dal prelato.

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 Scena del crimine artefatta

L’autopsia rivelò infatti che la vittima era stata soffocata con un cuscino, mentre le legature sembravano inadeguate per immobilizzarla.

Perché risparmiare il prete?

Del resto, agli inquirenti parve strano che i presunti malviventi avessero ucciso la testimone di una rapina, risparmiando il prete che, secondo la sua versione, era testimone dell’omicidio.

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Ancora dettagli incoerenti

Altri dettagli, come cocci di vetro esterni alla finestra apparentemente infranta e uno sfondamento eccessivo della staccionata, sollevarono ulteriori perplessità.

Materiale pornografico e liquori

Inoltre, rilievi nella casa portarono alla scoperta di materiale pornografico e bottigliette di liquore.

Tentata violenza?

Gli elementi suggerirono  che don Steinkasserer, ubriacatosi e respinto dalla perpetua, potesse averla violentata accidentalmente durante una colluttazione, soffocandola per evitare che gridasse.

Omicidio volontario

Il prete fu pertanto indiziato di omicidio volontario e simulazione di reato.

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Tracce ematiche sulla brocca

Sulla brocca che il parroco aveva detto di aver lanciato contro gli aggressori, infatti, furono rinvenuti dei capelli e tracce ematiche riconducibili alla Platzgummer.

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Gruppo sanguigno sconosciuto

Per contro, sotto le unghie della vittima venne repertato del materiale ematico di un gruppo sanguigno diverso rispetto a quello di Josef Steinkasserer.

La comunità difende il prete

La comunità di Ultimo, presso cui il giovane parroco era ben voluto, prese le sue difese.

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Il sacrestano Bertagnolli

Il sacrestano Johann Bertagnolli, testimone chiave, fu invece oggetto di intimidazioni a causa della sua testimonianza riguardo un cappello trovato sulla scena del crimine, forse appartenuto a don Steinkasserer.

Il cappello troppo piccolo

In seguito gli inquirenti accertarono che quel cappello sulla scena dell’omicidio fosse troppo piccolo per essere appartenuto al prete e quindi era presumibilmente stato dimenticato da uno dei due assassini della perpetua.

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Il processo

Il processo, durato un mese, iniziò nel 1974, con ben 70 testimoni.

Amicizie intime

Dalle escussioni emerse che Steinkasserer aveva intime amicizie con donne ed aspettava una di loro la sera dell’omicidio. Le frequentazioni avrebbero, secondo l’accusa, giustificato le 24 bottiglie di liquore vuote trovate in canonica.

Nessuna prova concreta

Nonostante alcune ammissioni del prete, la difesa sottolineò le differenze delle tracce organiche e l’assenza di prove concrete.

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Assolto per insufficienza di prove

La sentenza di assoluzione per insufficienza di prove giunse nel 1981, dopo vari processi, giunti fino alla Cassazione. Steinkasserer, supportato dalla diocesi, riprese il servizio pastorale.

Maria Luise Maurer

La scrittrice Maria Luise Maurer (1933-2010), si rivelò fra i più convinti sostenitori della colpevolezza di Steinkasserer. Nel 1989 raccolse la sua ricostruzione dei fatti nel romanzo Il cappello nero.

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Condannata

Nel 1993 Maria Luise Maurer a seguito di una querela di Steinkasserer, fu condannata a tre mesi di reclusione poi commutati in una multa di due milioni di lire, più altri cinque milioni per risarcimento danni e spese processuali.

Le provocazioni

La scrittrice, infatti, aveva continuato ad additare il prete come colpevole e a provocarlo pubblicamente, presentandosi alle sue messe con al collo un medaglione ritraente la perpetua uccisa.

Fine della storia

Don Steinkasserer e la Maurer morirono nel 2010, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra, mantenendo posizioni opposte sulla vicenda.

Podcast

Qui per ascoltare il podcast dell’articolo. (E.M per 70-80.it)

 


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