Sotto l’aspetto frivolo di Vamos a la playa, la hit dell’estate 1983 che ha contribuito a lanciare il fenomeno dell’italo disco, si nasconde un testo che i Righeira avevano concepito come impegnato e all’avanguardia.
Al di là delle sonorità vacanziere, del video fluo e delle camice fantasia stile anni 80 l’intento era tutt’altro che superficiale.
Un’estate atipica
Dominata da cantanti italiani proprio nell’anno della seconda British invasion, quella del 1983 fu l’estate che portò al successo Gazebo che cantava in inglese e il Gruppo Italiano, fedele al suo nome, con Tropicana. I Righeira, invece, saltarono in vetta alle classifiche con una canzone in spagnolo: Vamos a la playa. Che diventò un vero tormentone, rimanendo popolare anche nei decenni successivi.
Vamos a la playa
Prodotto dai fratelli La Bionda (Carmelo, 1949-2022 e Michelangelo La Bionda, 1952) e pubblicato dalla CGD, Vamos a la playa raggiunse il primo posto della hit parade italiana e vi rimase per sette settimane, dal 20 agosto al 1º ottobre. Le vendite complessive in Europa superarono i tre milioni di copie e il singolo venne pubblicato persino negli Stati Uniti dalla A&M Records.
Il tormentone
La ripetizione del titolo in modo ossessivo nel ritornello e il motivetto allegro, che rimaneva inciso inesorabilmente nella memoria, ne fecero un vero “tormentone”. E non è forse un caso se proprio in quell’anno il termine venne inserito con questo significato nel Vocabolario Zanichelli!
I Righeira
Michael e Johnson Righeira, ovvero Stefano Righi (1960) e Stefano Rota (1960), torinesi, si erano conosciuti sui banchi di scuola. Vamos a la playa, scritta da Stefano Righi e Carmelo La Bionda, si proponeva come canzone elettronica da spiaggia, dal ritmo facile, ma non superficiale, con un’idea alla base.
Post-atomica
Quella di scrivere una canzone sull’era post-atomica, ma in versione ottimistica, con la vita che in fondo trionfa sempre.
Lo spagnolo
La scelta dello spagnolo era una vera novità per quegli anni. Era infatti ancora lontana l’epoca dei vari reggaeton e dei ritmi latini che nei decenni successivi sarebbero diventati le colonne sonore tipiche dell’estate. Si può anzi dire che i Righeira furono i primi a associare i suoni di questa lingua a suggestioni vacanziere e scanzonate.
Il resto del testo
Ma se il ritornello era immediatamente comprensibile al pubblico italiano e suonava come un chiaro invito ai bagni di sole e di mare, al resto del testo molti non prestarono molta attenzione.
La bomba estallò
Eppure sono in essa piuttosto riconoscibili i termini bomba e vento radioattivo. E tutto il testo, a ben guardare, è pieno di riferimenti ad un’esplosione nucleare: “Andiamo al mare, la bomba è scoppiata. Le radiazioni bruciano e colorano di blu”, ma anche “Andiamo al mare, tutti col sombrero. Il vento radioattivo spettina i capelli” e ancora “Andiamo al mare, in fondo il mare è pulito. Più nessun pesce puzzolente, ma acqua fluorescente”.
Lo spettro nucleare
Un’altra canzone, Tropicana del Gruppo Italiano proprio in quell’estate aveva cantato il tema dello spettro nucleare con lo stesso risultato di dissociazione tra allegria del tono e della musica e significato del testo, che parlava di distruzione.
USA-URSS
Siamo infatti nel pieno della seconda guerra fredda e per un fraintendimento USA-URSS il mondo sembra essere vicinissimo a una guerra nucleare. I timori serpeggiano insinuandosi anche nell’allegria estiva.
Lo scenario positivo
Ma proprio come Tropicana anche Vamos a la playa immagina che la catastrofe possa in fondo essere presa con allegria e noncuranza, andandosene al mare, nonostante il disastro nucleare. Un modo per esorcizzare i timori evidentemente tutto italiano, molto lontano da quello che per esempio fece scrivere a Sting (Gordon Matthew Thomas Sumner, 1951) Russians, due anni dopo.
Un film di fantascienza di serie B
Come ebbero a dire in seguito i Righeira, la canzone non aveva però alcuna valenza politically correct, nessuna intenzione anti-nucleare, come soprattutto in Germania vollero credere. Per gli autori si trattava di un “filmettino di fantascienza di serie b” in cui in un futuro distopico sarebbe potuto succedere che invece che diventare scuri sotto al sole ci si sarebbe abbronzati di blu per i raggi radioattivi.
Vamos a la playa, tra statue di robot
Il lato B del singolo aveva anche la versione italiana, in cui mantenendo intatto il primo verso della prima strofa il testo proseguiva con una traduzione non letterale. “Vamos a la playa, tra statue di robot, legioni di mutanti combattono sui surf”, ad esempio, è la seconda strofa.
La versione del 1981
In realtà quando Stefano Righi compose questo pezzo nel 1981 si trattava di una canzone cupa, elettronica e robotica, in uno stile conosciuto come cold wave. In quel periodo, le scene di Torino, Bergamo e Milano erano in pieno boom del suono elettronico. Nello stesso anno proprio i fratelli La Bionda avevano pubblicato I Wanna be your lover. Questa versione estraniante di Vamos a la playa, riproposta nel 2017 dell’etichetta torinese Opilec appare decisamente più in fase con il testo della canzone.
Un simbolo suo malgrado
Quella che nelle intenzioni dei suoi autori doveva essere una canzone alternativa, rivolta a un pubblico un po’ underground, ottenne invece un incredibile successo grazie a un pubblico completamente diverso.
Vamos a la playa venne dunque fraintesa in vari modi, ma rappresenta tuttora un simbolo di quella stagione musicale e di costume. (A.F. per 70-80.it)