I nati anteriormente ai primi anni ’70 ricordano un popolare gioco che nel 1976-1977 era diffusissimo sulle spiagge italiane: il Going.
Ma pochi sanno che, in origine, la Zoom Ball – questo era il vero nome del Going – prima di diventare una moda, aveva finalità terapeutiche. Soprattutto per i bambini afflitti da autismo.
La Zoom Ball
Importato dagli Stati Uniti – dove si chiamava Zoom Ball – col nome che conosciamo, il Going era un gioco da spiaggia divenuto immediatamente un must nella seconda metà degli anni ’70. Diffondendosi poi in tutto il mondo molto velocemente (in Germania si chiamava Rucki-Zucki).
Finalità terapeutiche
Nato con finalità terapeutiche per sviluppare la motricità in varie patologie dell’infanzia e dell’adolescenza, tra le quali l’autismo, il gioco Going consisteva in un ovale di plastica di colore arancione (ma erano disponibili anche altre colorazioni) nel quale passavano – tramite un buco presente lungo la sua lunghezza – due robusti cavi di nylon, che terminavano con delle maniglie.
Esercizio fisico
Il funzionamento era relativamente semplice. Preso possesso delle manigle, il primo giocatore allargava le braccia, spingendo la palla lontano da sé, fino a farla pervenire al secondo.
Polsi e braccia sotto stress
Il quale, attraverso il medesimo movimento, la rispediva, con un esercizio fisico alla lunga piuttosto impegnativo per polsi e braccia.
Vibrazioni e botte
Il Going, come per altri giochi del periodo, non era esente da controindicazioni, soprattutto in assenza di opportuno coordinamento o di eccessiva foga, creando contraccolpi molto forti che potevano determinare lussazioni a mani e polsi.
Effimero
Come accadde spesso coi giochi estivi, il Going, come il suo parente Frisbee (arrivato in Italia 4 anni prima), finì però presto dimenticato nelle varie cantine e garage. A rappresentare la caducità delle vacanze.