Strappalacrime. Così vennero chiamati i film basati su storie tragiche che quasi sempre avevano come soggetto il bambino buono e perfetto (dentro o fuori, introverso o estroverso) su cui la sorte si accaniva.
Comencini gioca facile
L’idea di coltivare il genere venne nel 1966 a Luigi Comencini (1916-2007), con Incompreso. Pellicola oggetto di due remake: Incompreso – L’ultimo sole d’estate del 1984 e il film omonimo dell’originale per la televisione, trasmesso in due puntate del 2002, con Luca Zingaretti (1961).
Neve, palloncini e cavalli
Ma il modello venne esaltato soprattutto da prodotti successivi come: L’ultima neve di primavera (1973), Il venditore di palloncini (1974), L’albero dalle foglie rosa (1974) e Bianchi cavalli d’agosto (1975).
I francesi vogliono piangere all’italiana
Lo spunto venne presto ripreso all’estero (Francia in primis, ma trovando terreno fertile in tutti i paesi latini), vista la facilità di stimolazione emotiva soprattutto sul pubblico femminile.
Il modello di base del film strappalacrime: il bambino triste
La matrice è quasi sempre la stessa. La base è un bambino buono e sensibile con gli occhi tristi ed azzurri, sottovalutato/abbandonato/trascurato dalla famiglia.
Pathos
Nucleo di norma composto solo dal padre – generalmente affermato professionalmente ed impegnato sul lavoro – perché, ad intensificare il pathos, c’è a monte la perdita della madre.
L’evoluzione…
L’evolversi è quella di una breve esistenza in un contesto quasi sempre agiato, ma bilanciato negativamente da solitudine/emarginazione/indifferenza. Segue una grave malattia (che lo condurrà al finale nefasto) o ad un incidente fatale (per salvare il fratello/sorella/genitore).
… e il finale
Ritrovando, dulcis in fundo (si fa per dire, ovviamente), solo in questo modo, nell’agonia, l’affetto di cui era stato privato.
Le locandine evocative
I film proposti al cinema vedevano locandine con disegni (quasi mai fotografie) riassuntive della vicenda. Le quali trovavano terreno fertile soprattutto nelle (aspiranti o effettive) mamme.
Vedi come sei fortunato?
Che, ritenendoli educativi, in un secondo tempo (in occasione della trasmissione in tv), condizionavano i loro figli a vederli con inevitabile morale: “vedi come sei fortunato?”, “vedi che i soldi non portano bene?”, “Apprezza quello che hai”, ecc.